La riflessione caratterizza tutto ciò che è umano
La riflessione caratterizza tutto ciò che è umano
I Valori della vita
Tramite l'esperienza l'uomo prende contatto con il resto del cosmo
Il problema per eccellenza della vita è, consapevolmente o meno, il problema della sua finalità, del suo significato, del suo valore: in altri termini, è il problema della felicità e della gioia, della letizia per l'uomo.
L'universalità di questa problematica è rispecchiata, ad esempio, nel Canto notturno di un pastore errante dell'Asia di Giacomo Leopardi (1791-1837): nel silenzio della notte, di fronte alla sterminata steppa ed all'ampia volta celeste, trapunta di stelle, il pastore, vegliando, si pone gli interrogativi fondamentali per l'umano esistere, pur rappresentando, nello specifico anche gli interrogativi drammatici che lo stesso poeta si poneva, come ogni uomo, più o meno coscientemente, pone a se stesso.
L'esperienza della vita e le condizioni specifiche delle singole persone influiscono nella risposta data a questi interrogativi: la risposta del poeta di casa nostra è piuttosto amara, sebbene sia conferma del valore dell'esperienza, del valore del vissuto nel viaggio che permette di andare oltre, di valicare, di superare l'esistenza stessa.
Si tratta di una vera e propria ricerca, anorchè, appunto, inconscia, tuttavia spontanea, talora sofferta e tumultuosa, talora lineare e pacata.
Ogni ricerca su ciò che esiste e che ne voglia superare i limiti del qui ed ora, non può che prendere le mosse da questa stessa esistenza, qui ed ora, contenuta e vissuta nell'esperienza maturata giorno per giorno, anzi istante per istante.
Sembra, infatti, non sia possibile giungere a conclusioni oltre ciò che si vive, si vede e si tocca, se non avendo come punto di partenza ciò che si vive, si vede e si tocca, con un itinerario, un viaggio che porti ben oltre, ad un punto di arrivo che si prolunga, almeno ipoteticamente, anche nell'infinito.
L'uomo, punto di partenza
Questa esperienza che vogliamo analizzare e che ci interessa, è l'esperienza di un uomo, di una persona umana, di un vivente, razionale.
Ed è questo uomo a costituire il punto di partenza per un progetto di ricerca e di vita (o per il relativo rifiuto), tale da presupporre o da manifestare una concezione della vita e della realtà globale.
Un punto di partenza che sembra essere il più vicino ed intimo ad ogni persona: l'uomo, appunto in sé ed in quanto sé non cosa fra le cose come quando è oggetto dello studio da parte delle scienze naturali, o psicologiche, o sociologiche, secondo un punto di vista pur utile e necessario e che ne aiuta una conoscenza più completa ed analitica.
L'uomo è considerato, da questo punto di vista come realtà di me; non un qualcosa da definire, ma un qualcuno che si definisce.
Vi è stato un cammino della conoscenza e nella conoscenza, che porta progressivamente l'uomo a prendere coscienza della propria autonomia nei confronti della natura: è quel cammino che dalle considerazioni cosmologiche iniziali che lo inglobano nell'insieme dell'universo, giunge alla scoperta della individualità umana, talora esplorata nel soggettivismo sofistico, comunque favorita ed alimentata da un periodo storico socialmente e politicamente significativo (il sorgere della politica democratica nelle città greche), esaltata dalla ricerca metafisica platonica ed aristotelica.
L'individualità unitaria
Il definirsi dell'uomo è perciò un definirsi dal di dentro interiormente, e cioè:
- dalla sua riflessione;
- dalla sua autocoscienza;
- dal suo agire che coglie nel mentre si compie.
Essendo io dentro al pensiero, lo colgo mentre si compie e si srotola; l'essenza delle altre cose viene ricostruita dalle loro manifestazioni e dai loro aspetti esteriori e sensibili, mentre l'essenza del pensiero sono io stesso.
Questo io è unitario; se tutto in noi si riducesse, come è anche stato affermato, ad un fascio di fenomeni fisici, affettivi, mnemonici, ecc., senza un riferimento di successione e di serie, dunque di continuità e di permanenza, non si potrebbe essere che avvenimenti sconosciuti gli uni agli altri: esiste un filo che lega, un'attività di riferimento come ad esempio la memoria che richiama una serie di ricordi collegati.
Dietro, sopra, sotto tutti i vari aspetti studiati dalla psicologia e dalla medicina, sta l'uomo nella sua unitaria individualità, unità che non esclude anzi richiama la molteplicità delle manifestazioni per cui l'uomo è irriducibile alla sua sola corporeità come alla sua sola immaterialità, un lungo percorso di riflessione che partendo da Platone (384 - 322 a. C.), trova un primo approdo e compimento in Tommaso d'Aquino (1225-1274).
Il dualismo, così ampiamente diffuso nella cultura contemporanea, tende a privilegiare il dato intellettuale e razionale a scapito del dato fisico e materiale: è un esito della cultura moderna e muove, più razionalistico che razionale, dal cartesiano “penso dunque sonoâ€: la prima certezza, immediata, punto di partenza, sarebbe data dall'essere l'uomo, pensiero.
Al contrario questa certezza è data non dal nostro essere e dal nostro essere pensiero bensì dall'esserci qualcosa e nemmeno qualcosa di specifico.
Lo spirito critico così largamente diffuso dal pensiero cartesiano con esiti ampiamente positivi, non è stato fino in fondo applicato al pensiero del suo promotore (Renè Descartes 1596- 1650) così da sfatare il pregiudizio del razionalismo per rapporto alle constatazioni del realismo.
Infatti, a me, sono continuamente presenti corpi, cose che sono enti estesi, colorati, duri, molli, caldi, freddi; ho coscienza di pensare ma anche di sentire, non di pensare di sentire, ma di sentire immediatamente, di un sentire corporeo. Ed è lo stesso io che sente e conosce intellettualmente a conferma dell'unità sostanziale dell'uomo.
L'uomo e la conoscenza
L'esser corpo dell'uomo è un dato immediato della conoscenza sensitiva e non necessita di dimostrazione: l'uomo ha coscienza della sua corporeità come di un suo modo di essere anche se questa conoscenza diretta ed immediata non dice cosa sia questo suo corpo, oggetto dello studio di discipline scientifiche fra cui la medicina.
L'uomo che sente caldo o freddo, gioia o dolore è lo stesso uomo che studia, pensa e ragiona: è unità per sua specifica natura di intelletto e corpo ove l'intelletto è principio di unità sostanziale, principio determinatore, costituente l'essenza dei corpi per cui un corpo umano è quello che è e non un altro. Le attività umane non possono essere ridotte né a puri fatti spirituali, né a sole manifestazioni corporee. L'affettività ha substrati biologici, ma si prolunga oltre; l'arte plasma la materia, ma ha significati che vanno oltre; la tecnica è immersa nella materia, ma ne è attività che si caratterizza per il segno dell'intelletto umano; la società nasce da bisogni materiali ma procede a soddisfare esigenze affettive e culturali.
Vi sono, tuttavia, attività dell'uomo che gli appartengono e che oltrepassano l'attività corporea e non possono procedere da un soggetto esclusivamente corporeo: l'uomo ha la capacità di conoscere principi universali ed ha la capacità di riflessione.
Un corpo conosce solo ciò che lo impressiona qui ed ora, l'universale è una conoscenza che prescinde dal qui ed ora.
Questo pensare, questo riflettere dell'uomo davanti al vivere, di fronte all'esperienza, caratterizza tutto ciò che è umano.
I progressi della tecnica di fronte alla staticità della tecnica degli animali ne sono conferma, oltre ad altre manifestazioni, fra tutte l'arte.
L'uomo conosce anche il suo conoscere, di cui ha coscienza riflessa, e conoscenza non mediata dagli organi corporei, come la conoscenza diretta ed immediata del corpo.
Nella conoscenza sensitiva ed esperienziale il corpo è consoggetto di attività: chi sente è il corpo animato e non la sola parte incorporea; nella coscienza intellettiva il corpo fornisce l'oggetto, l'immagine della quale con l'intelletto astraiamo il concetto.
L'unità dell'uomo è confluenza di elementi materiali ed immateriali: questi trascendono i primi, ma senza i primi, i secondi sarebbero insussistenti. Cosicchè l'uomo sta all'orizzonte fra due mondi: il materiale e l'immateriale, il corporeo e lo spirituale. La spiritualità si manifesta attraverso il modo di conoscere e di trattare le cose corporee.
Questa realtà non è un ornamento, ma caratteristica specifica.
Le sue caratteristiche intrinseche
L'analisi del personalismo aggiunge ulteriori approfondimenti al panorama ed allo scenario dell'umano di cui sottolinea ulteriormente non solo alcune caratteristiche quali:
- La razionalità intesa come capacità di illuminarsi a se stessa, presenza di sé a sé nel proprio atto, pur aperta alla conoscenza di altro da sé; essa disimpegna e riscatta la persona dal particolarismo empirico, dall'esperienza esclusivamente fattuale e quindi priva di senso, e, senza estraniarla ed alterarla, la mette in comunicazione con l'universale, la apre ai concetti più ampi che potenzialmente, essa esperienza, adombra e racchiude in sé, diviene misura della libertà e della responsabilità;
- L'identità come persistenza con caratteri inconfondibili della vicenda esperienziale, ritrovandosi in essa, ma senza in essa confondersi;
- L'inseità che è, da parte dell'uomo, possibilità di essere in relazione con l'altro da sé senza mai uscire dalla relazione con se stessa per quanto saldi siano i vincoli che ad altri la congiungono;
- La perseità che è manifestazione a se stessa e finalizzazione ad essa, persona, di quanto nell'ordine cosmico, sociale e politico, quindi anche pedagogico, ha funzione di mezzo e strumento, cioè di quanto ha un fine in se medesimo;
- La dignità cui è dovuta `magna reverentia' (Tommaso d'Aquino), giustificata dalla “razionalità e dalla sua autonomia in quanto è legge degli esseri ragionevoli di trattare se stessi e tutti gli altri esseri ragionevoli mai come mezzo, ma sempre come fine in se†(Emmanuel Kant 1724 - 1804).
- L'insostituibilità che deriva dalla sua dignità: “al posto di ciò che ha prezzo può anche essere messo qualcosa d'altro come equivalente, laddove ciò che supera ogni prezzo, e quindi non ammette equivalente, ha una sua dignità (E. Kant);
- La fintezza, corollario della perseità, che è l'imitazione, cioè incapacità a racchiudere in sé la circolarità dell'essere e del conoscere, incapacità di mediare in modo assoluto, congiungendo origine e fine dell'essere e del conoscere.
- La libertà che è ugualmente corollario della perseità quale prerogativa della persona in quanto razionale, di mediare se stessa con il proprio atto (“quod dominium sui actus habet, liberuni est in agendo"†Tommaso d'Aquino).
- Tanto libera è la libertà che può esaurirsi in se stessa, volendosi negativamente, come solo spirito di indipendenza: quella libertà da Nicola Alexandrovic Berdjaev (1874 - 1948) denominata formale e che si esplica inanemente ed in modo distruttivo nei confronti della razionalità, generando tragedie nel mondo. La libertà sostanziale, esplicandosi nella razionalità, è atto umano attraverso il quale la persona sceglie se stessa e si edifica con energico consenso nell'ambito delle grandi coordinate dell'essere: la libertà così intesa è crescita del valore dell'uomo nei percorsi della storia, mentre l'astratto volersi della libertà, pur sembrandone l'espressione più alta e più pura, diviene il disfacimento della libertà, sfigurando il volto razionale della persona.
- la responsabilità che rappresenta il debito contratto dalla persona nell'esercizio autentico della libertà. L'uomo non dispone di sé in modo tale da potersi annullare con il proprio atto pur se rivolto arbitrariamente contro di sé: la responsabilità è sempre immediatamente della persona verso se stessa e immediatamente verso l'altro con cui è in relazione, verso la società, verso la storia, verso l'Assoluto che ne è la fondazione.
Se l'altro diventa alieno alla persona, contemporaneamente la persona aliena se stessa e se il tu, non precede l'io, almeno lo accompagna.
Paolo Marcon, I valori della vita, in Persona e Comunità, a. III, 1999, n.10, pp. 19-22